mercoledì 18 febbraio 2009

Radio La Coliafata (1)

E' successo tutto grazie ad una serie di incontri fortuiti e...fortunati.

La lunga attesa dell'aereo a Fiumicino ha portato i nostri più audaci e smaliziati  ad aggirarsi fra le persone in attesa, raccontando chi eravamo e chiedendo di firmare la bandiera di Patasarriba che poi avremmo portato e lasciato agli amici argentini.

Fra i malcapitati anche tale Paolo Moiola, giornalista italiano che gira da anni per l'america latina interessandosi di questioni sociali, al quale non  è parso vero di trovarsi in mezzo a un gruppo come il nostro, eterogeneo e non ben identificabile, ma che fin da subito ha destato il suo interesse.

Durante le lunghe 14 ore di volo, fra un sonnellino e un film gli abbiamo raccontato la nostra storia e il motivo di Patasarriba e così ci ha “sposato”, nel senso che la settimana successiva ci ha seguito ovunque potesse aggregarsi e unirsi alle nostre manifestazioni.

Un giorno, precisamente il  mercoledì, si è presentato all'appuntamento con noi per andare al Matadero insieme ad altri 3 italiani, appena arrivati a B A. Uno di loro era uno psichiatra di Torino, Ugo Zamburru, con cui Paolo collabora da tempo, che lavora a Torino ma ha casa a BA. Ovvero: appena può prende ferie, viene a BA e porta avanti varie collaborazioni come volontario. Una fra queste: la Radio La Colifata. Chiacchieriamo a lungo quel mercoledì pomeriggio, di quello che si muove nell'ambito della psichiatria in Italia (fra cui Il treno per Pechino, i gruppi di automutuoaiuto il movimento  di “le Parole Ritrovate”, i gruppi sportivi legati all'esperienza dell'Anpis....) e anche dell'importanza di uscire, di muoversi, di farsi conoscere e andare a cercare cose nuove. Ugo è a BA in questi giorni anche per portare avanti il progetto di aprire un Caffè Basaglia nel popolare e suggestivo quartiere di San Telmo, a pochi passi dalla Plaza de Majo. Nasce da queste chiacchiere del mercoledì pomeriggio l'ipotesi che il sabato Ugo possa farci da apripista presso il più grande manicomio di Buenos Aires, il Josè Borda, per assistere a quello che lui non esita a definire - citando le parole dell'ideatore e coordinatore di Radio La Colifata Alfredo Olivera - un progetto politico, clinico ed estetico, ovvero la trasmissione in diretta della radio che da 12 anni tutti i sabati pomeriggio dalle 15 alle 19 trasmette da dentro il cortile del Borda ed esce nell'etere, anche via internet, per raggiungere tutto il mondo. Un vero ponte di collegamento fra il dentro e il fuori, fatto di parole, musica, auguri, telefonate in diretta, discussioni, racconti personali etc etc.

L'appuntamento quindi è per il sabato alle 15 davanti ai cancelli di questo gigante che è il Borda: spazi grandi e desolati anche all'ingresso, che sembrerebbe più un piazzale di periferia abbandonato a se stesso se non fosse per la sbarra e la guardiola con la polizia fucile alla mano davanti alla quale mettiamo subito via le macchine fotografiche. Siamo una quindicina di persone e Ugo ci presenta come la delegazione italiana in visita a BA per il progetto Patasarriba sulla salute mentale etc etc. I poliziotti ci consigliano di chiedere un permesso, anche per le foto, al medico di guardia che andiamo subito a cercare. Lo troviamo in mezzo al piazzale desolato dell'ingresso, barcollante perchè muj emborracciado, cioè ubriaco fradicio, come spesso capitava anche ai medici dei nostri manicomi un tempo, mi suggerisce Ugo in risposta al mio sguardo sconvolto e interrogativo.  Per il medico di guardia non c'è problema (immagino ne abbia altri...) se entriamo, andiamo alla Colifata, se fotografiamo, filmiamo..insomma tutto a posto. Entriamo allora dentro questo grande mostro del Borda di cui tanto abbiamo sentito parlare (anche nei giorni precedenti durante incontri e scambi con gli argentini) e che ha acceso tante nostre fantasie. La fatiscenza e l'abbandono sono il primo forte segno che ci colpisce, come se fosse man mano venuta meno  l' intenzione a mantenere  viva quella struttura da parte di chi la governa, di chi la vive, di chi ci lavora, perchè ha già da tempo perso il suo senso sociale, il suo significato di cura se mai l'ha avuto, il suo ruolo nella comunità. C'è gente che circola per i corridoi ma sembra quasi che nessuno ci veda. Noi fotografiamo e ci chiediamo alcuni perchè seguendo il passo svelto di Ugo che ci porta verso il cortile. Passiamo a fianco di camerate con le finestre coi vetri rotti e persiane divelte,  dentro ci sono persone sedute che ci guardano assenti, percorriamo corridoi con i muri scrostati o pieni di scritte, alcuni murales o opere artistiche alle pareti sono sommersi da scritte e macchie, in alto sopra alle porte ci sono le classiche insegne che ci ricordano che, nonostante le apparenze,  siamo dentro ad un ospedale in funzione: reparto dr. R. Drinelli psichiatra. Continuamo a seguire Ugo, finalmente entriamo nel cortile del Borda e ci troviamo in mezzo ad una sorta di foresta tropicale di alberi grandissimi e verdi, cespugli incolti e pieni di vigore, ruderi di quelli che dovevano essere vecchi reparti. Solo un muretto che costeggia tutto attorno è integro e pare da poco verniciato: è il muro di recinzione del carcere psichiatrico. Continuiamo il nostro percorso lungo sentieri e marciapiedi sconnessi, ogni tanto incontriamo qualcuno che va e che viene, e finalmente ci avviciniamo al punto dove la Colifata fa la sua trasmissione. Già da lontano sentiamo la musica e alcune voci, la trasmissione è già iniziata e allora ci avviciniamo con cautela. E' un piccolo piazzale, a ridosso di un caseggiato dismesso che funge da ripostiglio, sotto l'ombra degli alberi  un cerchio di sedie con 20 forse 30 persone e al centro la consolle con computer, il mixer e una ragazza che conduce. Ci vedono e ci salutano con molto calore, senza interrompere il loro lavoro,  qualcuna di noi riceve anche un baciamano, ci fanno sedere e entriamo automaticamente e magicamente dentro la trasmissione. Non c'è un confine, questa è la magia, sei lì e quindi sei dentro questo cerchio della comunicazione e del diritto di parola. Come per noi, così è per tutti. Ci sono i professionisti della radio, si riconoscono i facilitatori, i vecchi frequentatori ed animatori ma chiunque passi da quel luogo (immaginiamo un parente in visita o un cittadino che deve fare una visita specialistica, o un qualsiasi internato che cammina delirando) ha diritto di espressione. Dalla consolle continua il gingle di accompagnamento alle presentazioni, un ritmo allegro e incalzante che fa venire davvero voglia di parlare e raccontare, e così anche noi ci presentiamo. Il palinsesto è scritto su una gigantesca lavagna appoggiata al muro e man mano che la trasmissione procede una ragazza cancella il passaggio avvenuto: le presentazioni, un racconto autobiografico a cura di Rosa, l'evento della settimana raccontato da el pacalito, gli auguri di compleanno per uno dei più vecchi internati e frequentatori della radio, la languida Luciernaga curiosa cantata a fil di voce dal mitico Hugo Lopez (uno dei fondatori ed ex internato) e ad un certo punto non può mancare un, pare,atteso da tutti: una Raffaella Carrà a tutto volume che ci fa scatenare in danze furiose.

Non mancano telefonate in diretta, di cui capiamo poco, purtroppo.

Rimaniamo dentro al cerchio magico per qualche ora, ammaliati dall'atmosfera paradossale di libertà che si respira finchè le prime gocce di un potente  acquazzone  non ci riportano alla realtà. Salutiamo con baci abbracci e tanti ringraziamenti e saluti per l'Italia e riprendiamo la via dei tortuosi corridoi per raggiungere l'uscita e cercare un taxi.

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