giovedì 19 febbraio 2009

Venerdì 28 novembre - La Boca (Buenos Aires)

Meglio che alla Bombonera 

Secondo le nostre aspettative il pomeriggio del 27/11/08 avremmo dovuto pestare l’erba di uno degli stadi più famosi al mondo: la mitica Bombonera.

Ogni persona appassionata di calcio sa che potrebbe essere un momento molto suggestivo ed emotivamente importante. Saliamo sui soliti pullam molto eccitati, tanti di noi con le scarpette ”ingrassate “ al punto giusto.

Fuori piove ma a pochi importa se il prezzo da pagare sarà giocare sotto la pioggia. Durante la riunione organizzativa dell’ A.N.P.I.S. (programma “dettagliato” del nostro soggiorno) sono stato incaricato di raccogliere le adesioni di quante persone desideravano giocare; da più parti mi arrivavano richieste che andavano sempre nella stessa direzione:”ma ci sarà spazio per tutti? Anche 5 minuti ma noi ci terremo a giocare tutti”; ed avanti di questo passo.

Quando durante il tragitto ci hanno comunicato che, visto le abbondanti piogge dei giorni scorsi e il concreto rischio di pioggia anche nella giornata odierna le partite si sarebbero dovute svolgere all’interno di una palestra, gestita dal Club Boca Junior, nei pressi del grande stadio, la nostra delusione è stata cocente.

La frase più ricorrente è stata ” c’era da immaginarselo che non ci avrebbero fatto giocare dentro il mitico Bombonera”; io stesso avevo un’idea non molto distante da questa.

La partita di calcetto che la nostra rappresentativa Emilia Romagna ha giocato con una squadra d’Argentini, persone ricoverate presso l’ospedale psichiatrico Colonia Montes de Oca, è stata bellissima e colma di intensità emotiva. Il livello di impegno profuso è stato alto, si è lottato su ogni pallone, i visi tirati dei contendenti esprimevano gioia: il piacere di correre dietro un pallone  che tuttavia sarà cosa poco nobile, ma che fa sentire cosi tanto vivi.

In campo abbiamo scambiato poche parole, un po’ per la lingua, un po’ per non rubare spazio al gioco; ad ogni palla in rete, Argentina o Italiana che fosse, tutta la numerosa panchina della rappresentativa dell’Emilia Romagna si precipitava in campo ad abbracciare lo sbalordito goleador e questo è stato il modo migliore per esportare il modello A.N.P.I.S. che è maturato nella nostra regione , per il quale giocare una partita di calcio è un’opportunità in cui ciascuno può esprimersi con gli altri. L’eccitamento che scaturisce per un’impresa eccezionale come quella di siglare un goal diviene l’occasione per condividere un momento gioia poiché, a mio avviso non condividerlo, ridurrebbe, quell’evento a ben poca cosa .

I nostri avversari Argentini si sono resi immediatamente disponibili a partecipare a questo momento di festa collettiva.

Il problema è stato sgombrare il campo dalla nostra presenza. Ci siamo trattenuti a far firmare le bandiere portate dell’Italia e a provare ad interloquire alla meno peggio.

Ci siamo veramente divertiti , ci ho pensato più di una volta, è stato bello giocare con quelle persone su quel campetto in quella palestra e probabilmente la perfetta erba del mitico Bombonera, a distanza di tre mesi non mi avrebbe lasciato un ricordo altrettanto intenso.

Dopo la partita abbiamo visitato lo stadio e il museo al suo interno dove alcuni di noi hanno acquistato alcuni souvenir. Dopo abbiamo fatto una passeggiata all’interno del quartiere Caminito

fino all’ora di cena consumata in due ristoranti probabilmente aperti appositamente per noi, animati al ritmo di tango, ballato da due bravissimi professionisti (o molto vicino ad esserlo).

Tutto molto bello probabilimente un po’ finto. Con noi c’erano anche alcune persone conosciute alla Plata e “ospiti” (per usare un eufemismo) del manicomio femminile ma  mentre noi ci si apprestava a sederci per cenare loro rientravano perché per loro era già tardi come detto Carmen, la psicologa volontaria del C.D. Basaglia. È stata una grossa ferita, mi sono sentito tanto turista. 

Una particolare nota di stima alla ADESAM, associazione argentina di operatori e volontari che senza un pesos si adoperano con tanta passione. Una passione che dà speranza ed ha tanto da insegnare.   

Andrea da  Ferrara

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