giovedì 15 gennaio 2009

VISITA ALLE MADRI DI PLAZA DE MAYO - giovedì 27 novembre

Con un gruppo dei viaggiatori emiliano romagnoli vado a fare visita alla sede della Fondazione delle Madres della Plaza de Mayo. Arrivati chiediamo se possiamo incontrare qualcuna delle madres.

Da una porticina appare una signora. La prima cosa che ci chiede è: «ma quanti siete?»
Siamo una ventina e siamo italiani.

Nella stanza ci sono solo quattro sedie, ma la voglia di ascoltare i racconti di questa mamma di un figlio desaparecido è grande per cui alcuni rimangono in piedi mentre altri si adattano e si siedono per terra. Dalla stessa porta dalla quale era entrata la signora che ci aveva accolti compare una donna anziana che dopo essersi seduta, rivolgendosi a noi, inizia a parlare.
«…Noi abbiamo molti amici italiani che ci hanno sostenuto in tutte le maniere ed ancora oggi ci sono di conforto.

Noi madres non sapevamo niente di politica, ce ne stavamo a casa, preparavamo da mangiare per la famiglia, andavamo in chiesa. I nostri mariti andavano a lavorare, tra i nostri figli c’era chi studiava e chi lavorava. In molte vivevamo in povertà; accadeva che i nostri figli dessero una mano a chi non aveva un’abitazione o aiutassero altre famiglie a costruirsene una.
Ma la famiglia non ha solo bisogno della casa.

Ha bisogno del lavoro. E l’Argentina è un paese ricco, e come sempre le ricchezze sono nelle mani di pochi, dei potenti. I nostri giovani protestavano con manifestazioni civili contro le ingiustizie che vivevano, e questo non piaceva al governo dittatoriale che un giorno dichiarò che non avrebbe più permesso il disordine in Argentina.

Così venne applicato il regime del terrore.

Chi manifestava veniva arrestato e pestato con pugni e calci.
Molti morivano durante il martirio e i loro corpi venivano fatti sparire.
Le donne gravide avevano il privilegio di avere prolungata la vita sino al parto.
I neonati venivano adottati dai poliziotti che non avevano figli perché così con la loro rigida educazione militare sarebbero cresciuti con”la testa a posto”.

Quando la polizia nottetempo andava a prelevare dei “sovversivi” si presentava in massa, provocava fragori di ogni specie circondando interi isolati allo scopo di seminare terrore. Tanti giovani non tornarono nelle loro case…spariti nel nulla. Quando andavamo dalla polizia a denunciare la scomparsa dei nostri figli venivamo prese per matte, non ci rispondevano.
La chiesa è stata amica del governo. Non si è mai pronunciata in nostro favore. Quando andavamo a chiedere aiuto a un prete che aveva battezzato e cresimato i nostri figli le risposte erano: tuo figlio era un buono a nulla. Cosa c’entra la polizia. Chissà dove è andato a fare danni.
Vigliacchi!!!

Il cardinale benediceva i ragazzi mentre venivano fatti salire sull’aereo dal quale sarebbero stati lanciati nel Rio della Plata con la pancia squarciata perché i corpi non rimanessero a galla.
Nel 1978, l’anno dei mondiali, alcune di noi sono andate a Roma perché il Papa, la domenica di Pasqua, si pronunciasse sui desaparecidos, così come è avvenuto quest’anno alle olimpiadi in Cina, allorquando l’attuale Papa si è pronunciato contro la pene di morte applicata dal governo cinese.

Ma anche in quella circostanza siamo rimaste inascoltate.
Recentemente, il governo argentino, ci ha “offerto” la pace sociale: ci ha proposto di barattare i nostri figli con i soldi.

Ma si sono presi i nostri figli vivi e li rivogliamo vivi, l’alternativa è il processo.
Non vogliamo vendetta, vogliamo giustizia.
Conosciamo tutti gli assassini dei nostri dei nostri figli. Sono un centinaio.

C’è stato un momento in cui, un gruppo di mamme, la mattina, si faceva trovare davanti alle loro abitazioni. Appena uscivano, mute con le braccia conserte, gli si paravano attorno e la stessa cosa facevano in chiesa davanti all’altare mentre il boia si accingeva a ricevere l’ostia consacrata.
Tutti i giovedì in processione con i nostri fazzoletti in testa sfiliamo attorno al monumento nella Plaza de Mayo. Sono più di 30 anni che lo facciamo. Prima era una protesta contro il governo ora è un gesto in memoria dei nostri figli. Loro hanno tracciato un solco e ci hanno insegnato che se vogliamo il bene del nostro popolo dobbiamo fare politica…». Oggi è giovedì, e non vedo l’ora che si facciano le 15,30 per scendere in piazza assieme a loro. Mi emozionerò sicuramente. Saremo in tanti di noi.

Poi concludendo l’incontro con noi la signora ci ha detto: «Ho 94 anni e sino a che i miei occhi non si chiuderanno, per sempre, io tutti i giorni, racconterò qui, nelle scuole, per le strade, nei posti di lavoro dei nostri figli desaparesidos».

Tuccio

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